IL PARADOSSO SOPRASSEDUTO DELLE POSIZIONI SCHIERAMENTALI ANTITETICHE
LO SPARTIACQUE INESISTENTE
Sono rimasto seduto per un tempo – ciò che io richiamo esser lungo – facendomi sbandierare dalle folate ventose parolifere di coetanei, anziani, adulti, corpi, labbra in movimento. Una sostantivizzazione di qualsiasi esistente edificio verbale umano in un arco d’ore esageratamente illuminante. Con un’ironia del quale non mi gratifico, ho avuto modo di estrapolare dalla vita analitica del mio modesto organo cerebrale centrale un nuovo e banal maniero con cui investire il trascorrere dell’idee a gene in nulla. In fiacche parole, un modo per perder tempo per giorni alterni. Il mio ha il nome di un progetto sconsolato ideo-fotocinematografico, dal titolo “La computazione del protagonismo oppositivo. Il paradosso soprasseduto delle posizioni schieraméntali antitetiche“.

S’incominci solitamente da un quesito. Poi, lo si converga in una classicistica presa di posizione. Di fronte al quesito, o all’affermazione, si scelga la posizione definita A, o definita B. Per ora non si espongano a parole chiare con termini sgradevoli, quali “estremo”. Eventualità comuni in ogni attimo di quotidianità vissuta, se ci si fa nota di caso. Le due posizioni – che parlano di cose diverse senza esser consapevoli di disputare attraverso medesime meccaniche processuali – conducono la conversazione tesistica in versi che chiameremo “schieramento A” e “schieramento B”. Un esempio concreto di schieramento A e B, potrebbe essere: A – Il mare è meglio della montagna; B – la montagna è meglio del mare. L’argomentazione a teso filo potrebbe marginare a: il mare è sconfinato oltre l’orizzonte, quindi ci si sente liberi. La montagna è confinata e alticcia, quindi ci si sente meravigliati.

Ora, si applichi l’esempio a qualcosa di più ritenuto convenzionalmente smuovente. Il processo supposizionale suggestivo-schieramentale parrebbe – per me è, effettivo – determinato dal paradigma dell’esemplificazione categoriale. E’ un processo spontaneamente umano, dalle fondamenta cerebro-bioanatomiche raffinate: la mente vuole lavorare per alleggerire il carico dell’esperienza vissuta, che è naturalmente intrisa di una gravità rielaborativa notevole. Dunque, optando per A, si dica che il mare è meglio della montagna, poiché il mare è espressione sconfinata fisica di libertà, sensoriale e significante – siamo ancora in un contesto di espressione preferenziale apolide, piuttosto che di radicalismo conversazionale, più di luogo comune alla vita di comunità. A rifletter – le mani vanno – una denominazione di favoritismo a nome di un costrutto detto normativamente e sconfinatamente esteso quale “libertà”, da coniugare ad altre tipologie di semantismo – è, lo definisce la logica retorica, già un pre-esistente ossimorica realtà ove la voga con cui s’afferma libertà finisce per rivelarsi la limitata applicazione medesima del costrutto scelto a un presupposto circostanziale. Pur sottendendo alla catalogazione facilitatoria – il mare è meglio della montagna perchè mi fa sentire libero ed è sconfinato (semplifico la leva pensiero a lavoro, elidendo l’alternativa della montagna dalle ipotesi considerate e consequenzialmente alleggerendo il carico di rappresentatività mentale) – gli schieramenti ego/inter-valoriali ubicano nel paradosso della genesi complicativa. In altre parole, una semplice e definita presa affermativa, scontrandosi con quella opposita, invece di facilitare a lungo termine e con una certa continuità un’interazione con il mondo circostante, la rende sempre più ingarbugliata, poiché date fatiche nel mantenimento e nell’esposizione irrisoluta della molteplicità dialogata.
L’a-focale distensione bellica tra le due fazioni parametriche (meglio conosciute all’essere sociale come op-posizioni) produce una complessità argomentativa superficiale costernata da un vuoto di significato sostanziale, in realtà. Si è facilitata la vita con una posizione in cui ci si identifica, ostruendo l’esemplificazione reale di una meccanica scambistica ottenuta solo tramite la fatica dell’apolide, che porta a una chiarezza veritiera di significati. Si riguardi dunque come un principio di semplicità conduca a un effetto di complicazione a-signitificante. Questo è un paradosso – dico tra me e me – che espone una piccolissima vicina verità della vita: spesso, nell’apparente divergenza oppositiva dialogica e ideologica, chi preferisce il mare alla montagna e chi la montagna al mare, viene spesso assorbito dalla stessa, medesima, intoccata, meccanica processuale polarizzante: A e B si avvalgono di un uguale confinamento volontario subdolamente irremovibile o prevaricante a fronte di una mancata sinaptogenesi labiale. Esiste talvolta una libertà confinata che accusa un confine d’essere confinante. E come ci si vede, quando non ci si vuol scardinare, scomporre, disùsare?
Mi alzo dalla sedia, scuoto la testa. Star seduti può essere un rimedio fastidiosamente affaticante.
una riflessione a cura di M. A. Stanisteanu